Come promesso torno a scrivere sulla mia prima maratona.
Sono passati alcuni giorni ed adesso il ricordo si fa dolce , fa dimenticare le fatiche e le sofferenze e ingigantisce ed esalta i momenti dolci ed emozionanti.
La nostalgia si fa cornice dello splendido quadro che è stata la corsa dentro il cuore di Roma.
Sono in fondo alla gabbia D, il Colosseo fa da sfondo, e dietro di me ci sono i primi e più assatanati della folla degli 80.000 della stracittadina.
Faccio loro una foto, sono anche loro, attori protagonisti di questo splendido film in pellicola a 42 mm.
Primo sussulto del gruppo, sono partiti gli atleti diversamente abili, in sella ai loro fieri cavalli meccanici.
Poi comincia il count-down scandito a squarcia gola da 15.000 anime.
10…3 2 1 Boom. Partiti.
Il grande drago sussulta, il serpente alato si srotola lento e affannosamente cerca di librarsi in aria.
Io sono ancora fermo, qualche passo e lentamente mi avvio, il cuore in gola, il pensiero rivolto al Cielo a salutare i miei compagni di viaggio di lassù. Sarà una dolce compagnia.
Sono passati quasi quattro minuti e finalmente anche io attraverso la linea della partenza. Faccio partire il mio aggeggio elettronico.
Primi tentativi di corsa, subito frenati, in una danza sbilenca, attento a dove mettere i piedi. Eccomi scorrere sul lato sinistro la “Grande macchina da scrivere bianca” e subito dopo la splendida scalinata che porta al Campidoglio.
Si scollina facilmente e ci si butta per la discesa che porta all’anfiteatro Marcello. Vedo una spazio un pò più sgombro sul marciapiede. Ci vado, accelero un po’ , qualche centinaio di metri. Il gruppo ha un sussulto, io un gemito, ed ecco sono steso per terra. Un pugile che al primo round becca un montante spaventoso. Mi rialzo, controllo la carrozzeria, ammaccature sul ginocchio destro, sul gomito sinistro. La mano destra indolenzita. Cammino, muovo il braccio e non sento dolore, provo a correre e il ginocchio non mi rimanda segnali. Vedo banchi del rifornimento e spero di poter prendere un po di acqua per ripulire le ferite, ma sono per il 39 Km. Adesso sono chiusi. Ricontrollo il gomito, vedo un po di rosso, Sarà vino, no è la botta che è anche una sbucciatura.
No, non mi fermo, mesi e mesi di chilometri, no, non mi fermo.
Adesso riprendo a correre fluido, bisticcio con l’arnese elettronico, non mi vuole più segnare dove siamo. Lo spengo, impulso deforme dell’informatico che per prima cosa fa “spegni e riaccendi”.
Il Circo massimo è dietro di noi è già si intravede la punta delle Piramide Cestia (non facciamo i puntigliosi lo so che è coperta da Porta San Paolo :D)
Passiamo sotto il ponte della ferrovia. L’aggeggio elettronico si è rimesso a funzionare, non mi segnerà più il percorso totale, ma potrà tornarmi utile per saper il passo.
Ecco viale Marconi, il primo ponte sul Tevere. Giriamo a destra.
Arriva il chilometro 8. Chilometro Alessia.
Un grido nell’aria:” Ciao Alessia”, un amicizia che è adesso legame tra Terra e Cielo.
La corsa si fa preghiera, un lungo Rosario di chilometri, un intimo rapporto tra chi corre chi è di la, nella memoria e nei cuori di chi ha amato.
Adesso corriamo vicino al grande mercato domenicale di Roma, Porta Portese, la gente ai lati della strada, incita caldamente. La mia corsa è sciolta, ho fatto già qualche rifornimento, e ho versato abbondante acqua sulle abrasioni. Brevi dialoghi con i miei compagni di strada, ed ecco affiancati i palloncini delle 4:15.
Adesso il Tevere ci scorre contro corrente sulla sinistra. Arriviamo alla Bocca della verità. Ricordo la prima volta che mia figlia infilava timorosa e riottosa la mano nella bocca.
Il gruppo dei Bancari romani festeggia rumorosamente il mio passaggio al 13 chilometro. Non sono in affanno è veleggio con un ritmo intorno ai 5’:20”.
Passiamo davanti alla Sinagoga, il Rosario di chilometri, si fa multi religioso. Occasione per meditare sul dialogo interreligioso tra Uomini della stessa Terra. Giriamo intorno a CastelSantAngelo, incontro una splendida scolaresca, in fila a bordi della strada.
Tutti protendono “il cinque”, è per me un invito e mi sposto verso di loro, parte una una sequela di “cinque” che diventano “cinquanta” e poi “cento”. E’ una spinta emozionale che diventa energia pura, carburante e spinta a proseguire.
Subito dopo giriamo sulla nostra destra. Si presenta a noi maestosa la Basilica. Piazza S.Pietro ed il suo colonnato che si protendono in un abbraccio verso i maratoneti. E’ uno spettacolare”cinque” che ti offre la Storia. La storia di questa città, che si intreccia con la storia di “Un uomo venuto da lontano”. Chilometro Karol. Un pensiero vola a Giovanni Paolo II, amico di tanti anni.
Non resisto , una foto e via. Passiamo sotto l’arco, costeggiamo le Mure vaticane e siamo già a piazzale Clodio.
Intravedo i palloncini rosa delle 4 ore.
Incontriamo un nutrito gruppo di supporter svizzeri, armati di campanacci, tric trac e altri strumenti sonori e fracassoni. Splendidi e roboanti, una vera onda d’urto, grandemente gradita, in corrispondenza del chilometro 18.
Raggiungo le retrovie del gruppo delle 4 ore. Ci vogliono circa 2 chilometri per prenderne la testa. Sono capitanati da una ragazza che spesso incontro nei miei allenamenti. Li supero e quando giungiamo al gonfiabile della Mezza me li sono lasciati indietro di qualche centinaio di metri.
Tempo della mezza 1:59:46 in linea con il mio obbiettivo principale di finire sotto le 4 ore, un pò troppo per il mio sogno recondito e velleitario di finire entro le 3:45
Incontriamo un gruppo di cinesi, vedono un loro connazionale che sta correndo e parte l’incitamento. “Folza, Folza”, fantastico da sentire.
Arriviamo al chilometro 23, una bolgia infernale di ritmi e suoni invadono la strada. E’ lo spazio animato dal Forum Sport Center, una bella spinta.
Chilometro 23, Chilometro Rosa, ciao sorella sò che mi stai incitando da lassù, magari brontolando, ma sento il tuo incitamento, mi arriva al cuore che pompa con più forza il sangue versi i muscoli, che cominciano ad accusare la stanchezza.
Chilometro Antonio. Ecco il chilometro 25. Ciao papà, sono venticinque anni che non ti vedo, ma ti sento dentro di me.
Siamo sulla tangenziale, la auto ci camminano lentamente affianco, qualcuno brontola, altri, sorpresa, incitano ed applaudono. Bello. Miracolo a Roma.
Banchetto del rifornimento gestito da amici. Saluto al volo Brant.
Circumnavighiamo la Moschea. Ecco la maratona dei popoli, la maratona che si vuole fare messaggio di dialogo, mi piace. Simbolo di Pace e di multiculturalità, anche questo serve.
Siamo adesso sulla strada del ritorno, reincontriamo il Tevere che questa volta ci scorre parallelo e placido sulla destra. Lungotevere Flaminio. Reprimo esigenze fisiologiche, le coscie sentono salire strani formicolii, il fondoschiena anche, in compenso i polpacci spingono ancora placidi. La mente cerca pensieri distraenti, chi mi portino in una sorte di Nirvana, che mi estraneino dai segnali che mi manda un corpo sempre più martoriato.
Chilometro 31, chilometro Giampiero. Un saluto corre all’amico di Roma che abitava a Padova, con il cuore dentro la sua amata Roma. Un grido silenzioso risuona nella mia testa “ Monte Acero uber alles”, che voleva dire amicizia e fraternità verso tutti. Lo so che ci sei. Prima o poi la Maratona di Padova la farò per te.
Dal Cielo alla terra, l’amicizia si manifesta con un orso che si veste da gabbiano e viene a prendermi per portarmi all’arrivo. Benarrivato Yogi.
Sotto la sua ala protrettrice e trainante ci inoltriamo nel cuore fantastico di Roma. In rapida successione, (rapida non sarebbe il termine più appropriato), Ara Pacis, piazza Navona, (graditissimo il saluto e l’incitamento di Ines, energia pura per i miei muscoli), la bellissima Sant’Andrea della Valle, Torre Argentina. Sfioriamo piazza Venezia, e ci buttiamo su via del Corso. Yogi mi incita e mi gestisce la logistica e i rifornimenti, a me non resta che correre.
Al chilometro 35 cerco di farmi riprendere dalle telecamere, del punto di controllo. "Effetto grande fardello”.
Entriamo in piazza del Popolo, passiamo il 37 chilometro affaticati, cigolanti, ma ancora vivi. I cubetti di porfido, altrimenti noti come sanpietrini, cominciano a scavare gallerie nei miei arti inferiori e non solo. Ci incanaliamo in via del Babbunio, una volta sede della mitica RadioRai, entriamo in Piazza di Spagna, uno sguardo alla Scalinata di Trinità dei Monti. La gente lungo il percorso è calda. Marco grida all’incitamento e la folla risponde.
Ecco un gruppo di francesi che grida “AllezAllez”, aiuto morale e fisico, si va avanti con quel poco che rimane da spendere.
Dietro di me sento urla al tempo stesso belle e per me inquietanti, sono quelli dei palloncini delle 4 ore che sono in lento ma inesorabile recupero su di me. Svoltiamo su via del Tritone e poi nella stradina che ci porta a Fontana di Trevi. Manca poco ormai come poche sono le mie energie muscolari. Una candela che lentamente si sta spegnendo.
Ed ecco cominciare ad intravedersi una sagoma tanto attesa quanto temuta. Colori cupi e ottenebranti.
"Siore e siori ecco a voi il grande protagonista, l’unico, l’immarcescibile, l’immancabile": il MURO. La testa vuole fermarsi, va in autoconservazione, è l’istinto di conservazione che chiede al corpo di fermarsi di dargli tregua.
Il gruppo della 4 ore mi raggiunge. La salitella che ci porta a Piazza Santi Apostoli sembra l’Everest. Cammino per 50 metri, ma non è una sconfitta.
Mi aspetto il 38 chilometro ed ecco apparire la bandiera del trentanovesimo. Chilometro Chiara, “fare di ogni ostacola una pedana di lancio”. Un saluto mi parte dall’anima a questa maestra di vita e trovo nuovo slancio a spingermi contro la corrente dei miei dolori, delle mie paure, del desiderio di fermarsi.
Discesina verso piazza Venezia, il traguardo è li, ma bisogna circumnavigare l’America, senza la scorciatoia del canale di Panama. Bisogna passare, per lo stretto di Magellano, per le Forche Caudine. Montagna del Campidoglio, altra breve passeggiata, per preservare quello che rimane delle mie gambe, con la mente che implora pietà.
Discesa del Teatro Marcello, poco meno di quattro ore fa ero per terra e ad un passo dalla resa. Invece dopo quasi 40 chilometri sono ancora qui a correre. Trombetta ed incitamento, è il Presidente, zio Luciano, a guidare la banda dei Bancari ad incoraggiare tutti i suoi ed anche gli altri. Grazie.
Altra salita, altra brevissima camminata, ed ecco il Circo Massimo. Ora si corre solo con la testa.
I palloncini della 4 ore se ne vanno.
Mi guardo attorno e finalmente vedo Moglie e Figlia, intravedo il loro viso preoccupato ed al tempo stesso orgoglioso. Il loro incitamento è come azionare la dinamite in me, un’esplosione energetica che si trasforma in azione propulsiva. I sanpietrini, non fanno più male.
L’orso Yogi, non mi ha abbandonato, è ancora li a gridare e a sospingere. Quarantunesimo chilometro, merita le lettere non le cifre, esprime la lunghezza di quanto percorso, “qurantuno chilometri e non 41 Km.
Adesso vedo il Colosseo, è davanti a me, l’ultima salita, riaffianco il gruppo della 4 ore e li supero di slancio (non ridete...). La salita diventa liscia e piatta, è la Grande Prateria di Manitù. Ora il Colosseo è sulla mia sinistra ed il traguardo è davanti. Chilometro quarantadue, un pensiero a tutti gli amici di ieri e di oggi, a quelli che verranno e a quelli che non sono più qui, “ma di là”. Il Rosario di chilometri è al suo mistero finale. L’uomo di fronte ai suoi limiti, di fronte ai suoi muri, può andare oltre. La preghiera della strada penetra il mio cuore.
Un saluto anche ai nuovi arrivati, una promessa da mantenere. Ultimi cento metri, benvenuto Ruben.
Arrivato. Chilometro quarantadue e 195 metri. "3 ore 58 minuti 54 secondi"
Il real time dirà 3h 55' 42"
Abbraccio l’orso, che non è stato fermato da nessun cacciatore. E’ li sul traguardo con me. Bellissimo. Poi un abbraccio a Patrizia che ricambia, ebbra anche ella di stanchezza dopo i suoi quarantadue chilometri.
Non ci sono più dolori, perché non ci sono più le gambe, i muscoli non si sentono più, perché sono spariti. Vedo tanti guerrieri della lunga corsa, spossati, e stesi su quella strada che poco prima calpestavano. Adesso la medaglia e la gioia profonda che gusterò meglio nei giorni a venire.
PS: Per chi fosse giunto alla fine di questo resoconto, una medaglia al valore e un grazie caloroso.